A parte la parola greca anche il regista Von Trier si è cimentato a descriverla. Credo che con questo fascinoso e per lunghi tratti, silenzioso film, sia andato molto vicino al cuore di questa massa amorfa e nera che perfora cervello , cuore, gambe, braccia.
Il regista danese immagina l’impatto della stella Melancholia che simbolicamente stava innocuamente “nascosta dietro il sole”, come espressione visiva e materiale della devastazione interiore che colpisce Justin, protagonista del film e in lei indirettamente gli altri e perche no anche molti spettatori.
La malinconia è quella potente forza depressiva che per dirla in gergo fisico-matematico ha il segno meno davanti . Forza centripeta piu che centrifuga, che fa implodere dentro perche cio’ che vedi fuori essenzialmente è la fine della vita, l’inutilità di un qualunque progetto (la festa matrimonio di Justin è un fiasco) , il fallimento delle false rassicurazioni razionali (il cognato scienziato), la sterilità della paura buona solo a spargere inutili e sciocche lacrime (Claire, la sorella) l’inopportunità della risata perche non c’è nulla da ridere (il papà ), la freddezza cinica e ugualmente deplorevole di chi guarda tutto senza farsi mai toccare da qualunque avvenimento (la mamma), la debole e stanca chimera delle sensazioni date dal sesso senza amore e dall’alcool senza gioia.
La malinconia di Justin non è tanto uno sguardo inutile; è uno sguardo assente, uno sguardo che non puo’ razionalmente proiettarsi verso il futuro perche questo non ci sarà, ma nemmeno verso il passato che è stato inutile. Resta uno sguardo assorto, come un ebete, su un presente sterile che non puo’ che prepararsi alla fine.
L’unica azione possibile è costruirsi una improbabile capanna per aspettare, insieme alle persone che ci sono toccate in sorte, la nostra fine!
Non è pensiero debole, né opera crepuscolare. E’ il ritratto lucido e a suo modo poetico della peste contemporanea: la malinconia.
Esco dal cinema solitario e in silenzio proprio come la fine del film. Niente colonna sonora: buio, silenzio…poi solo silenzio e il rumore dei neon della sala che timidamente si accendono quasi fossero restati esterefatti anche loro e mi viene in mente la solitudine dei quadri di Hopper e un pensiero:
“Se sapessi che il mondo finirà domani non esiterei a piantare un albero oggi” (Martin Lutero).
Poi una domanda: chi o cosa ci tiene cocciutamente in piedi mentre tutto muore?