Divorare il cielo di Paolo Giordano
Ci sono libri che si continuano a leggere non per correre veloci verso l’esito della storia ma per incespicare in una qualche frase che ti lascia di stucco e ti fa fermare. Non proseguire, fermare! Aspettare. Attendere che ti entri dentro come pigre gocce di flebo nelle lunghe degenze.
Occorre che le parole per essere più efficaci entrino a piccole dosi, il significato scorra lento, la profondità si scavi pazientemente.
Leggendo “Divorare il cielo” di Paolo Giordano sono cosi’ inciampato più di una volta.
La prima volta è stato a cavallo di pag 220 e 221 (Ed.Einaudi 2018):
“ Di tanto in tanto cercavo Bern con lo sguardo, lo vedevo attorniato da altri ospiti, troppo lontano. Ma non permettevo a quella distanza di ferirmi”
Poi sono inciampato una seconda volta a pag. 241 (Idem):
“ Poteva succedere anche questo. Nella vota poteva succedere che dentro le persone nascessero dei desideri inconciliabili. Non era giusto ma non si poteva evitarlo, ed era successo a noi”
La terza caduta è stata a pag. 308 (Idem):
“Cio’ che i microfoni nascosti potevano rilevare era soltanto un ritratto acustico della mia solitudine”
E dopo le 3 cadute una specie di risurrezione a pag 385
“Sono fuggito dalla tua mano verso la tua mano”
E giunto alla fine del romanzo sono partito….