Nov 4, 2021 - Senza categoria    No Comments

La Collezione Morozov e il giardino di Pia Pera

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Qualche giorno fa ho avuto la fortuna di  visitare la Collezione Morozov  presso il magnifico e avveniristico museo della Fondation Louis Vuitton a Parigi.

Due fratelli russi Mickail e Ivan  Morozov  che una volta tanto, invece di bibliche litigate, decisero ad inizio novecento di vivere di arte e bellezza.  Intuirono come per una  visione mistica che dei pittori loro contemporanei che noi oggi definiamo  “maggiori esponenti dell’arte moderna”, stavano dipingendo tele che sarebbero restati nella storia dell’arte di tutti i tempi: Matisse, Picasso, Van Gogh, Gaugain, Monet,Bonnard, Cezanne . In una sola esposizione di oltre 200 opere un concentrato di colori e figure rese eterne  da uomini e donne ispirate da grande talento misto a tecnica sopraffina perfezionate da continue e ripetute gestualità quotidiane.  Per anni alla ricerca della pennellata esatta, unica, irripetibile resa perfetta e destinata a rimanere per sempre nella memoria di chi sarebbe restato dopo  di loro.

Il volti luminosi e diretti dei ritratti di Korovin, gli occhi espressivi e pieni di vita del bambino di Serov,  la “nature morte” di Matisse,  i paesaggi di Cesanne e  Bonnard, le fanciulle di Gaugain e Renoir.  Figure  con forme e colori diversi che  ti trasmettevano lo stesso identico messaggio: la Vita è  in questa luce  esatta che attraversando e riempendo lo spazio della  tela  esalta  un istante unico e irripetibile.

Alla fine dell’esposizione, uscito fuori,  c’era il cielo grigio  parigino ad attendermi e mi veniva voglia di tornare a ritrovare i colori di dentro come una in una specie di seduta cromo-terapeutica  che magari, come per un contagio alchemico,  mi avvicinasse all’  immortalità di quelle opere. Di fatto, restato fuori a bagnarmi sotto la pioggia, in quanto maldestramente non avevo portato ombrello, mi ponevo  ataviche  domande inzuppate ora anch’esse di pioggia .: Che senso ha dipingere per ore e giorni la Saint Victoire di Cezanne, sempre lo stesso soggetto poi,  sapendo che proprio quell’istante è destinato a finire? Quanto colore sprecato, quanti sforzi dispendiosi? E per chi poi?  Tempo inutile!.

Proprio in questi giorni sto leggendo il delizioso,  intensissimo e  definitivo libro   della scrittrice Pia Pera: “Al giardino ancora non l’ho detto”  Pia sa che la sua malattia la porterà alla morte e pensa e guarda al suo amato giardino che da anni cura e con cui ha intessuto un rapporto intimo e profondo. Di lui si prende cura e lui le insegna attraverso le sue periodiche trasformazioni, il rito del ciclico passaggio  di vita e morte, che potare e innestare, sradicare e piantare fanno parte della stessa manutenzione.  Ancora nuova domanda: che senso ha continuare a curare un giardino sapendo che  non potrai  più farlo  appena tra qualche giorno?

E mi risuonava la voce grave e monotona di De André quando cantava “Solo passaggi e passaggi, passaggi di tempo “. Il titolo della canzone era “Anime Salve”

Fuori intanto aveva smesso di piovere…

Giu 9, 2020 - Senza categoria    No Comments

Lo spazio curvo e fragile di Van Gogh

 

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Albert Einstein aveva esattamente 10 anni quando  Van Gogh dipingeva la sua  Notte Stellata. Non poteva quindi  conoscere  la rivoluzionarie teorie della relatività, la scoperta delle particelle elementari e l’affascinante  curvatura dello spazio/tempo.

Quello che sappiamo è che dalla stanza dell’ospedale psichiatrico che l’ospitava, guardava o forse  sognava quel  cielo di notte, cosparso di luci brillanti  e ombre tenebrose. Orizzonti quotidiani dei suoi ultimi giorni vissuti tra ossessione e follia, fragilità e ispirazione.

Quando guardo questo quadro, catturato dalla forza dei colori che si impongono e nel quale naufrago, mi sembra di capire cio’ che gli astrofisici intendono dire dello spazio come  campo gravitazionale. Spazio non come entità vuota, lineare  che i nostri occhi sono soliti vedere;  ma come materia che fluttua, si torce, contorce, ondula, si flette.

Tutto è movimento, eccitazione, relazione, avvenimento. Come i fotoni di luce  che si emanano dalle stelle e che contaminano di  giallo tutte le cose: il cielo che da nero diventa blu,  posti anonimi ed improbabili come un piccolo villaggio con le sue colline e finanche un cipresso simbolo del limite, della morte. Piantato  li’ tra cielo e terra si impone e  fluttua  anche lui a  cercare  parti  di cielo ondulante. Ti viene allora di pensare che anche il tempo della fine faccia parte di un movimento cosmico nel quale si puo’ provare ad  entrare  a  passo di danza.

Il genio di Van Gogh è nella vibrazione che emana dai  suoi colori. Sono materia incandescente,  luminosa, vivente. Ti accosti e ti senti attraversato  dallo stesso soffio di energia che li compongono:  elettroni,  protoni e  quark. Sono le stesse particelle elementari che hanno attraversato la siluette ascetica del cipresso, la fragilità di Van Gogh e che attraversa lo spirito di chi lo guarda. Siamo tutti uniti da quella magica  vibrazione che fa sussultare di gioia tanto un matematico che legge e capisce la formula della relatività quanto un semplice osservatore  che medita e si commuove di fronte alla Notte Stellata!

In fondo tutto è VITA: flottante, fragile e cosi’  bella…certe notti!

 

Apr 20, 2020 - Appunti    No Comments

La domanda di Tommaso in Caravaggio

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“La luce brilla nell’oscurità ma l’oscurità non l’ha accolta” (Gv 1, 5)

Comincia cosi’ il Prologo del Vangelo di Giovanni.

Occorre  ricordare questo testo della scrittura prima di cominciare a guardare  il quadro dell’ Incredulità di Tommaso realizzato dal  Caravaggio: il maestro del chiaro scuro.

I co-protagonisti di questo magnifico quadro sono  la luce e l’oscurità, la grazia e l’ombra, lo spirito  e le tenebre. Una dualità eterea resa volume, spazio, scenografia.

I personaggi cosi’ come le azioni che osserviamo, diventano di fatto solo  accessori alla messa in scena della luce. Espedienti necessari a creare riflessi. Elementi scenografici impiegati per procurare il rimbalzo del gioco di luce e ombra. Se accosti meglio lo sguardo, non scorgi  corpi  viventi. Semmai statue fisse, statiche quasi fosserodi cera.  Verrebbe da dire corpi senz’anima;  come la ferita senza sangue sul corpo del Cristo.

A scorrere di fatto è solo la luce che appare da sinistra ad inondare la scena, scompare poi nel volto reclinato di Gesu’ nella stessa posizione del Golgota, si accende quindi per un attimo sulla mano ferma che accompagna il dito di Tommaso,  si riflette sulle fronti dei discepoli increspate da dubbi e analisi di prove del delitto; per poi andare a morire piano pian nella penombra che segue. Un passaggio continuo e oscillante dalla chiarezza della domanda all’ombra del dubbio. Un movimento che rievoca la Pasqua!

Siamo nel contesto della Risurrezione ma sono ancora presenti tutti i motivi della Passione: i fori delle ferite,  il volto muto e perduto nel vuoto cosmico del Cristo, ancora l’incredulità dei discepoli sconcertati da mille plausibili dubbi. La stessa posizione delle 4 teste  disposte su 2 assi verticali ( Tommaso e Pietro) e 2 orizzontali (Gesù e forse il discepolo Giacomo) fanno pensare di fatto ancora alla croce.

Il titolo del quadro è coerente al soggetto che ritrae. Si tratta ancora della fase dell’ incredulità non dell’avvenuta  certezza. E’ immortalato l’attimo prima del manifestarsi della nuova visione , lo spazio silenzioso che prepara l’accoglienza del mistero, lo stato da indigente che propizia il dono della grazia.

Gli occhi dei discepoli sono ancora spalancati nell’assurdo, offuscati dal non senso, avvolti dall’ombra del dubbio. Anche le palpebre degli occhi di Gesu sono abbassati sul mistero della sua morte.

Il corpo di Gesù, seguendo la sua linea d’ ombra, comincia pian piano a scomparire per lasciare posto all’avvenire della luce, all’opera dello Spirito.

Il nuovo motore dell’ azione  la scorgiamo d’ora in avanti nella mano risorta  del Cristo  che muove il braccio di Tommaso per condurlo alla sua ferita immortale. Non basta più guardare una ferita, non è sufficiente nemmeno mettere il dito dentro una piaga per decifrare il mistero di un morto che ritorna a vivere. Occorre ricevere nuovi occhi, occorre aver ricevuto gratuitamente un nuovo driver  per aprire questo nuovo tipo di file. Si tratta di una nuova soprannaturale chiave di lettura i cui codici ci devono essere trasmessi.

Stranamente nell’asse orizzontale della ferita del Cristo nella quale Tommaso mette il suo dito ci appare un altro squarcio meno cruento; questa volta si tratta di uno strappo nella veste di Tommaso. Si direbbe messo li un po’ per caso; forse semplice espediente per dare più realismo alla scena. Eppure è una scucitura evidentemente aperta messa  comunque in primo piano.

La luce passa li dove si crea un pertugio. Invade gli spazi lasciati  possibili.

Forse seguire la linea del dito di Tommaso verso il momento del grande risveglio sarà come farsi curare i graffi che ancora bruciano sulla nostra  pelle o  lasciarci rattoppare un lembo di tessuto lasciato sgualcito dal tempo che passa. Vai a vedere…!

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